mercoledì 30 aprile 2014

DIETRO LE QUINTE


di Francesca Monti
 
E’ un giovane e affascinante attore, di grande talento, lo abbiamo visto in tv nelle fiction “Squadra  Antimafia 3” e “Cugino e cugino”, al cinema nei film “Caribbean Basterds” e “My Name is Ernest” e ora è tra i protagonisti della pellicola di Salvatore Chiosi “Il Leone di vetro”, di cui è anche produttore. Lui è Maximiliano Hernando Bruno e in questa intervista che ci ha gentilmente concesso ci ha parlato del suo personaggio Spartaco Biasin, del film “My Name is Ernest” in cui veste i panni del caporale Amedeo e del ruolo che gli piacerebbe interpretare, Zorro.

Maximiliano, nel film “Il Leone di Vetro” interpreti Spartaco Biasin. Puoi parlarci del tuo personaggio?
 
“Spartaco è il personaggio reazionario della famiglia Biasin. Un giovane che insegue i suoi ideali, che combatte per questi. La grandezza di Venezia, del Leone di San Marco, sono ben saldi in lui. E’ cresciuto con i racconti di suo Nonno (Alvise Biasin), racconti di battaglie sanguinose, di eroi, di grandi imprese da parte della Repubblica di Venezia. Questo lo spinge ad andare in guerra per combattere a Lissa, a fianco degli Austriaci, ed evitare la conquista del Veneto da Parte dell’Italia. Tornato a casa si ritrova a dover combattere contro un referendum per  l’annessione del Veneto al Regno D’Italia. Tutto questo proietterà il giovane all’interno di un vortice senza uscita. Spaccature in famiglia, conflitti amorosi e tradimenti metteranno a dura prova Spartaco costringendolo ad una dura scelta finale”.
Nel ruolo di Spartaco ("Il Leone di Vetro")
Oltre che attore sei anche produttore de “Il Leone di Vetro”, cosa ti ha spinto a credere in questo progetto?
 
“Quando mi è capitato fra le mani il soggetto di "Il Leone di vetro" ho subito pensato ad una storia avvincente. Una storia poco conosciuta che valeva la pena raccontare sul grande schermo. Qualcosa avvenuto più di cento anni fa ma per molti aspetti una storia molto attuale. Per esempio si parlava di referendum, tasse, famiglie costrette ad immigrare in cerca di una vita migliore. Ma anche guerra, amore, tradimenti...insomma tutti gli ingredienti per un bel film”. 
Nel ruolo del caporale Amedeo ("My Name is Ernest")
Nel film “My Name is Ernest" presentato al teatro La Fenice di Venezia interpreti invece il caporale Amedeo…
 
“Per interpretare il caporale Amedeo ho cercato di rivivere il mio periodo da caporale nell'esercito italiano, quando ero un paracadutista della Folgore. Ho semplicemente rivissuto quella esperienza riportandola sul set. Era l'unica cosa più vicina ad uno scenario di guerra nella mia vita...fortunatamente. Anche se nulla può paragonarsi ad una guerra vera, ho semplicemente ricreato il malessere di dover essere lontano da casa, dai propri cari, dalla ragazza per un lungo periodo. Solitudine, mancanza di libertà, essere costretti a fare qualcosa che non è stato scelto da te....ma imposto da qualcun altro. Ho tirato fuori tutto questo e l'ho riportato nella mia interpretazione”.
"Caribbean Bastards"
Ti abbiamo visto al cinema nel film “Caribbean Basterds” e in tv nelle fiction “Cugino e cugino” e “Squadra Antimafia 3”. Che ricordo hai di queste esperienze lavorative?
 
“Ognuno di questi lavori mi ha lasciato dentro qualcosa di importante. In “Caribbean Basterds” ho avuto la possibilità di lavorare con un vero e proprio mito vivente come il regista Enzo G. Castellari. Da bambino andavo al cinema a vedere i suoi film. Sono cresciuto con film come “L’ultimo Squalo”, “I Guerrieri del Bronx”, “Keoma”, ecc. Ritrovarmi in Venezuela in un Action Movie da lui diretto, interpretando un protagonista di un suo film…è stato un sogno divenuto realtà.  In televisione poi ho avuto la fortuna di far parte della terza stagione di una delle serie televisive di maggior successo in Italia come “Squadra Antimafia - Palermo Oggi”.  Un prodotto che racconta qualcosa di veramente nostro e non imita nessun altro format americano. Girato in maniera egregia e con un montaggio avvincente rappresenta senz’altro uno dei migliori prodotti Televisivi Italiani di sempre. Infine in “Cugino e Cugino” ho recitato a fianco di due mostri sacri della tv come Giulio Scarpati e Nino Frassica. Per Nino ho sempre avuto una specie di adorazione fin da bambino. Ritrovarmi a fare una performance di canto e ballo insieme a lui stile “Blues Brothers” non ha prezzo. Poi non posso dimenticare anche il grande Francesco Paolantoni, un vero mito fin dai tempi di “Mai Dire Gol”. Questa fiction è fortemente collegata anche al mio ultimo lavoro “Il Leone Di Vetro”. Infatti fu proprio durante le riprese di questa serie che conobbi il regista Salvatore Chiosi. All’epoca diventammo grandi amici e cominciai a seguire i suoi lavori soprattutto a teatro. Quando cercavamo un regista per “Il Leone Di Vetro” pensai subito a lui. Serviva un regista con una grande sensibilità per raccontare questa storia, qualcuno veramente bravo a dirigere gli attori. Serviva anche un regista capace di improvvisare, di rendere questa storia avvincente, qualcuno che raccontasse con il cuore. Lui aveva tutte queste caratteristiche”.
 
C’è un ruolo che ti piacerebbe interpretare?
 
“Ho avuto la fortuna di interpretare molti personaggi diversi nella mia carriera e ognuno di questi con caratteristiche particolari. Pensate che già da bambino a teatro il mio primo ruolo fu quello di interpretate una bambina. Tenendo in considerazione le mie caratteristiche fisiche penso che sarei un ottimo Zorro. Comunque il bello di questo lavoro è che non sai mai quello che ti verrà proposto in futuro”.
Hai iniziato la tua carriera nel mondo della moda. Quando hai capito che avresti voluto fare l’attore?
 
“In realtà ho iniziato a fare moda a Milano mentre già frequentavo le mie prime scuole di teatro a Roma. Facevo avanti e indietro tra Roma e Milano cercando di portare avanti entrambe le cose. Quando questo è diventato complicato ho dovuto fare una scelta. Ho seguito il mio cuore. La moda è un mondo effimero e temporaneo. Il cinema è arte…ed è per sempre”.
 
Sei nato a Buenos Aires, hai vissuto a Roma, Los Angeles, Padova, Madrid. Qual è la città a cui sei più legato?
 
“Ogni città è per me come una madre che mi ha allattato per un certo periodo della mia vita. Amo tutte queste città e mi sento a casa in ognuna di queste. Certamente Roma è la città dove sono cresciuto, dove ho avuto i primi amori, dove vive la mia famiglia. Roma ha qualcosa che non posso trovare da altre parti”.
 
In quali progetti ti vedremo prossimamente?
 
“Sto lavorando a tanti progetti contemporaneamente. In questo lavoro semini dieci per raccogliere uno. Ora come ora sia come attore, scrittore e produttore sto seminando tanto. Vedremo cosa crescerà per prima”.


lunedì 14 aprile 2014

Il Leone di Vetro – Speciale


Speciale dedicato al lungometraggio in fase di realizzazione per conto della Venicefilm che ripercorre le vicende di due famiglie, entrambe produttrici di vino, i Biasin e i Querini, all’alba del referendum con cui il Veneto è stato annesso all’Italia. Intervistiamo Salvatore Chiosi (regista), Maximiliano Hernando Bruno (attore e produttore) e Andrea Pergolesi (attore).

L'attore MAXIMILIANO HERNANDO BRUNO
Domande al regista Salvatore Chiosi
‘Il leone di vetro’ a cui fa riferimento il titolo è l’etichetta che attualmente contraddistingue le bottiglie del Consorzio Vini Venezia? Vuoi raccontarci come si è arrivati a questo sodalizio tra cinema e prodotti del territorio?
Le bottiglie con il leone inciso e con su scritto ‘Biasin Raboso’ sono state create apposta per il film. Ovviamente contengono il buon vino Raboso del Piave e sono state appunto presentate dalla Venice Film con una piccola brochure del film proprio nello stand espositivo del Consorzio Vini Venezia.Alessandro Centenaro e Maximiliano Hernando Bruno con Venice Filmrealizzano da tempo opere legate al territorio. Secondo me è stato – oserei dire – “quasi naturale” raccontare una storia che parlasse anche di un prodotto ‘simbolo’ di queste terre.
La prova sta proprio nel sostegno e nei patrocini che il film ha avuto: dal Consorzio Vini Venezia, dalla Regione Veneto, dalla Treviso Film Commission, dalla Associazione Borgo Malanotte e da tante realtà territoriali, vorrei ricordarle tutte, per esempio Ca’ di Rajo dove abbiamo girato delle scene, Ca’ Marcello dove abbiamo girato tutte le scene dei nobili Querini e molte altre. Insomma per me regista è stato proprio un piacere lavorare in questi luoghi e lasciarmi coinvolgere da questa meravigliosa avventura.
Borgo Malanotte è una perla del turismo culturale, un posto che si è conservato immutato nei secoli. Quali scene sono state girate in questa location e che tipo di studi sono stati fatti affinché non ci siano discrepanze con gli eventi storici realmente accaduti?
Come meraviglioso ed emozionante è stato girare a Borgo Malanotte, un luogo dove sembra che il tempo si sia fermato.
In genere nel cinema quando si fanno film storici, in costume, e si gira – come si dice – ‘dal vero’ si deve intervenire molto a livello scenografico.
A Borgo Malanotte gli interventi sono stati minimi. E questo la dice lunga sulla particolarità del luogo.
Lì abbiamo girato le scene del Municipio, il seggio elettorale, l’ufficio del Podestà, l’osteria e ovviamente la bellissima strada principale del Borgo.
Abbiamo girato sia di giorno che di notte. E sono davvero grato a tutti i residenti per aver non solo collaborato con noi, ma anche per aver ‘sopportato’ i nostri ritmi lavorativi e le nostre esigenze tecniche e artistiche (cito solo come esempio l’aver accettato di tenere spenti i televisori e i condizionatori d’aria per garantire una buona presa diretta). Per quanto riguarda poi la fedeltà storica mi sono affidato agli sceneggiatori e alle ricerche fatte da loro. È chiaro che anche io ho fatto le mie doverose ricerche per raccontare con scrupolo un momento della Storia d’Italia particolarmente delicato e tutt’ora oggetto di discussione. Devo anche dire che ho trovato interessante e stimolante il fatto che i produttori abbiano scelto me, meridionale di Napoli, per raccontare una storia sull’annessione del Veneto all’Italia. Una bella scommessa per me e per Venice Film! Nelle mie ricerche sull’annessione del Veneto all’Italia poi, ho trovato notevoli affinità con ciò che qualche anno prima accadde nel meridione in quello che era il Regno delle Due Sicilie. Confesso che il mio studio su quel periodo storico mi ha dato modo di guardare la mia Storia… la nostra Storia, con occhi nuovi ma soprattutto mi ha spinto a pormi di fronte alla sceneggiatura de ‘Il Leone di vetro’ – posso dirlo con estrema sincerità – con rispetto ed onestà. Chiudo aggiungendo solo questo: mi auguro di essere riuscito a raccontare con ‘Il Leone di vetro’ una ‘piccola storia’ con il cuore, una ‘piccola storia’ che in fondo appartiene a tutti noi.
MAXIMILIANO HERNANDO BRUNO
Domande a Maximiliano Hernando Bruno:
Nel film ‘My name is Ernest’ di Emilio Briguglio interpreti il Caporale Amedeo. Come ti sei preparato per poterti calare in maniera ottimale nel personaggio?
Per interpretare il caporale Amedeo ho cercato di  rivivere il mio periodo da caporale nell'esercito italiano, quando ero un paracadutista della folgore. Ho semplicemente rivissuto quella esperienza riportandola sul set. Era l’unica cosa più vicina ad uno scenario di guerra nella mia vita… fortunatamente. Anche se nulla può paragonarsi ad una guerra vera, ho semplicemente ricreato il malessere di dover essere lontano da casa, dai propri cari, dalla ragazza per un lungo periodo.Solitudine, mancanza di libertà, essere costretti a fare qualcosa che non è stato scelto da te…. ma imposto da qualcun altro. Ho tirato fuori tutto questo e l’ho riportato nella mia interpretazione.
Sei produttore de “Il leone di vetro”: cosa ti ha spinto a credere nel progetto?
Quando mi è capitato fra le mani il soggetto di “Il Leone di vetro” ho subito pensato ad una storia avvincente. Una storia poco conosciuta che valeva la pena di essere raccontata sul grande schermo. Qualcosa avvenuto più di cento anni fa ma per molti aspetti una storia molto attuale. Per esempio si parlava di referendum, tasse, famiglie costrette ad immigrare in cerca di una vita migliore. Ma ancheguerra, amore, tradimenti… insomma tutti gli ingredienti per un bel film.
L'attore ANDREA PERGOLESI
Domande ad Andrea Pergolesi unico attore veneto ad andare al Festival di Cannes 2011 in quanto comprimario nel film ‘Impardonnables’ diretto da André Téchiné
Hai un’ottima formazione teatrale all’interno del teatro A l’Avogaria di Venezia e hai avuto ruoli in primo piano in spettacoli tratti dai testi di Durrenmatt e Brecht. Che tipo di differenze hai riscontrato nel lavorare a teatro e al cinema?
La formazione teatrale a mio parere è indispensabile per essere un bravo attore (ciò non vuol per forza dire che io lo sia, naturalmente). La differenza è che se a teatro si gioca a “buttar tutto fuori”, cioè a canalizzare l’interpretazione verso l’esterno, verso gli spettatori, al cinema è la macchina da presa che viene a cercare la tua interpretazione, cosicché ci si può permettere di essere più intimisti. In un primo piano basta muovere un sopracciglio per far diventare fortissimo un movimento, ad esempio. Bisogna anzi stare attenti a non far troppo, anche se questo non significa che invece uno sul palco debba dimenarsi come un pazzo, è però un indirizzamento, un contenimento differente delle proprie caratteristiche espressive.
Hai frequentato un workshop intensivo presso il Teatro Stabile del Veneto. Mi puoi dire qualcosa di più?
Il workshop è durato quasi un mese, con i maestri Massimiliano Civica e Duccio Camerini, quello di Civica si è concentrato su un testo di Tiziano Scarpa che ha seguito con noi le lezioni, mentre quello di Camerini su un testo scritto da lui. E’ stato lo Stabile a chiamare e  a scegliere gli attori, per lo più della Terrani (Padova), poi c’era uno della Garrone (Bologna), uno della Nico Pepe (Udine) e io dell’Avogaria. La cosa più innovativa è che lo Stabile ha investito sulla formazione, quindi pagando gli attori che partecipavano, con minimo salariale giornaliero, come fosse uno spettacolo.
Camilla Bottin

giovedì 10 aprile 2014

IL LEONE DI VETRO PRESENTATO AL VINITALY DI VERONA

In programma il . Il nuovo lungometraggio di Venicefilm  

Il leone di vetro


Presentazione del lungometraggio che ripercorre le vicende di due famiglie, entrambe produttrici di vino, i Biasin e i Querini, all’alba del referendum con cui il Veneto è stato annesso all’Italia.
L'attore MAXIMILIANO HERNANDO BRUNO

Vinitaly 012
Promozione del territorio veneto e dei vini Raboso e Malanotte del Piave, questi gli ingredienti del lungometraggio storico – culturale “Il Leone di vetro” prodotto daVenicefilm e presentato in anteprimamartedì 8 aprile nello stand del Consorzio Vini Venezia all’interno di Vinitaly. «Per la prima volta grazie a un film – spiega Giorgio Piazza, il Presidente del Consorzio Vini Venezia – i nostri prodotti vengono inseriti all’interno di una cornice storica che si situa agli albori della Regione Veneto e dell’Italia. Le vicende della famiglia Biasin si svolgono nel 1866 tra la fine della Serenissima Repubblica di Venezia e la nascente Unità d’Italia». Questo «modo intelligente di far parlare di sé un territorio» si riallaccia a questioni che mettono in primo piano l’identità e la sostenibilità e per farlo si ricorre a un vino, il Malanotte, in grado di «esprimere sensazioni piacevoli e gradevoli, in quanto simbolo di grande qualità e spessore». Il film, una nuova produzione della Treviso Film Commission, uno dei quattro rami del Consorzio di Promozione Turistica, è stato girato in buona parte nei luoghi di produzione del Raboso e del Malanotte, quindi territori che si situano a destra del Piave. «La Treviso Film Commission – spiega il direttore Alessandro Martini – si è incrociata due anni fa con la Venicefilm e da allora le garantisce la sua assistenza a diverse produzioni cinematografiche e televisive. La prossima settimana saremo in prima serata con una fiction su RaiUno che si intitola “La Tempesta”, noi vogliamo raccontare il territorio attraverso la cultura, le tradizioni e i prodotti tipici». In quanto regione prima produttrice nazionale con circa nove milioni di ettolitri di cui quattro milioni e mezzo con etichetta «possiamo dire che produciamo parecchio vino di qualità – spiega il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia – arrivando ad eguagliare la domanda con l’offerta». Dietro al vino c’è un territorio, una «marcia in più» per l’«identità del Veneto»: tra le location spicca Borgo Malanotte, impegnata dal 1995 in una ristrutturazione. «Se Olmi dovesse rigirare ‘L’albero degli zoccoli’ – continua Zaia – sceglierebbe sicuramente questo borgo in cui sembra che si sia fermato il tempo». Approfondendo un momento storico in cui «l’Italia era divisa in sette stati» il regista Salvatore Chiosi si è detto «felice del frutto realizzato con grande fatica e passione» e ha ringraziato gli attori tra cui Christian Iansante, Andrea Pergolesi e Maximiliano Hernando Bruno e lo staff che ha contribuito a fare di questo film un prodotto unico. «Andate a vederlo – ha concluso – è cinema vostro, regionale».
Il presidente della regione veneto LUCA ZAIA
Camilla Bottin




L'attore doppiatore CHRISTIAN IANSANTE
Il regista SALVATORE CHIOSI