Geraldine Chaplin: «Racconto l’esodo»
La figlia del grande Charlot è a Trieste per girare “Rosso Istria” film sulla morte di Norma Cossettodi Beatrice Fiorentino
TRIESTE. Geraldine Chaplin è a Trieste. L'attrice britannica, figlia primogenita di Charlie Chaplin e della sua quarta moglie Oona O'Neill, nipote del drammaturgo statunitense Premio Nobel per la letteratura Eugene O'Neill, è arrivata ieri pomeriggio in città con l'intenzione di trattenersi solo per un giorno, impegnata al Magazzino 18 sul set del film "Rosso Istria". Il lungometraggio, che porterà la firma dell'attore argentino Maximiliano Hernando Bruno, passato per la prima volta dietro alla macchina da presa, è ispirato alle vicende di Norma Cossetto, studentessa istriana seviziata e uccisa da un gruppo di partigiani nel 1943. Prodotto dalla Venice Film, "Rosso Istria" è stato scritto da Antonio Belluco, già al centro di polemiche per il suo precedente "Il segreto di Italia". Uno dei produttori, Alessandro Centenaro, mette le mani avanti: «Questa non è una storia di parte - afferma - e siamo indignati che la Film Commission Fvg non abbia sostenuto il progetto». «Il progetto è stato esaminato dalla commissione - replica Federico Poillucci, presidente della Film Commission - la valutazione non dipende solo dalla valenza storica e territoriale del progetto, ma anche da criteri di tipo industriale, produttivo e distributivo che non erano sufficienti». Accanto a Geraldine Chaplin, estranea a qualsiasi polemica, nel cast sono annunciate altre presenze internazionali come quella di Franco Nero, Sandra Ceccarelli ma anche dell'attore del Teatro Stabile Sloveno Romeo Grebenšek, arrivato attraverso l'agenzia TriesteCasting a uno dei ruoli principali. Geraldine Chapline ha settantatré anni in un corpo agile come quello di una ragazzina. Colei che ha vestito i celebri panni di Tonya, la moglie di Omar Sharif nel film di David Lean "Il dottor Zivago" ricorda il passato con affetto ma vive con entusiasmo il presente.
Che ruolo interpreta in "Rosso Istria"?
«Il ruolo di Giulia Visantrin, - risponde - amica dei Cossetto. È una piccola apparizione che fa da cornice alla storia. Appare all'inizio, quando è ancora bambina, e alla fine, quando è ormai una donna anziana che ricorda i fatti traumatici del passato. È un film sulla memoria, e suoi ricordi che non svaniscono. Si pensa che il tempo possa cancellare tutto, curare le ferite, ma non è così. Anzi, le memorie atroci ti accompagnano per tutta la vita. Giulia ha vissuto qualcosa di terribile e vuole che si sappia».
Conosceva i fatti storici che riguardano l'esodo istriano prima di accettare la parte?
«No, non questi in particolare. Ma in ogni guerra ci sono mille storie. Prima le raccontano i vincitori, poi gli sconfitti, e in mezzo ci sono altre mille storie da raccontare, piene di dolore e atrocità. Maximiliano, il regista, vuole che non si dimentichi».
Cos'è che l'ha convinta ad accettare questa parte?
«Mi è piaciuta subito la sceneggiatura per come è impostata, è molto particolareggiata. È come se ci fossero già gli stacchi, puoi già intuire quello che sarà il film una volta montato. C'è un'idea molto precisa di regia».
E qual è il messaggio?
«Non mi pare che ci sia un messaggio. Odio i film con un messaggio. Semplicemente c'è un monito, un invito a non dimenticare il passato. Ci sono storie che non si raccontano a scuola. Ed è questo il caso».
Sulla carta sembra una storia di divisioni. Forse il film dovrebbe proprio mettere in guardia dai pericoli delle divisioni?
«Speriamo che la storia non si ripeta, ma tutto sembra portare in quella direzione. E in questo senso dico che qualsiasi opportunità di ricordare il passato va colta. Soprattutto l'arte deve occuparsene. E soprattutto in tempi come questi».
Immagino che essere la figlia di un grande come Charlie Chaplin comporti onori e oneri.
«È semplicemente fantastico, non c'è un solo aspetto negativo. Non solo perché è stato il genio del secolo scorso, e probabilmente continua ad esserlo, ma anche perché la gente lo amava».
Ha lavorato anche nel cinema italiano. Zeffirelli, Guadagnino, Muccino…
«E anche con Nelo Risi, nel 1966. Ci pensavo proprio l'altro giorno perché anche quella era una storia di
guerra, si intitolava "Andremo in città" e abbiamo girato a Novi Sad, nell'ex Jugoslavia. Ma in quel film i partigiani erano eroi. È interessante perché è quasi speculare a "Rosso Istria". Il rovescio della medaglia. Perché in guerra non ci sono buoni e cattivi».